“Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) punta all’innovazione della salute, destinando cospicue somme di denaro all’introduzione di servizi e strumenti tecnologici. Allo sviluppo di servizi per l’erogazione della telemedicina è destinato un miliardo di euro”. Questo è l’incipit di un lungo articolo che Aboutpharma dedica alla digital health. Nel servizio – che porta il titolo L’Italia non è pronta per la connected care – si parla di telemedicina, di intelligenza artificiale e di esperienze d’eccellenza.
Tra le voci anche quella di Emilio Chiarolla (Collegio dei Probiviri AIIC), che è intervenuto sottolineando come la pandemia ci abbia “dimostrato come il territorio abbia bisogno di un’organizzazione diversa e un ruolo centrale. L’assistenza territoriale deve essere capace di dialogare in maniera sinergica con l’ospedale e non di dipendere da esso”. Ma le tecnologie – ha proseguito Chiarolla, possono essere un aiuto fondamentale in questo passaggio se riescono ad essere interconnesse: “Dal punto di vista tecnologico, alcuni dispositivi medici oggi in uso sono assoggettati a standard proprietari, per cui vi è la difficoltà di farli di dialogare con piattaforme di terze parti. Nella pratica quotidiana ciò si traduce nella necessità di consultare le diverse piattaforme proprietarie con cui ciascun vendor rende visibili i segnali rilevati dal proprio dispositivo. E ciò ostacola tanto la lettura dei tracciati e quanto quella degli allarmi”.