In un lungo articolo-intervista, Cardiolink (testata che si occupa di problematiche cardiovascolari) approfondisce il tema del rapporto tra clinici e ingegneri clinici nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Dice l’articolo: “È evidente come le numerose applicazioni di intelligenza artificiale presenti in medicina siano, da una parte, un aiuto prezioso per il medico, ma dall’altra, rappresentino -talvolta- una tecnologia ancora non validata scientificamente, che non sempre egli è formato ad utilizzare e con le quali non sempre ha confidenza. Chi, invece, le progetta, può non conoscere l’esigenza dei pazienti e del personale medico-sanitario. Da qui, la necessità di confronto e collaborazione tra due mondi e due figure professionali: il medico ed il bioingegnere. Abbiamo messo a confronto, in una doppia intervista, il dottor Marco Bobbio (già Direttore della Struttura Complessa di Cardiologia “Ospedale Santa Croce e Carle” di Cuneo, e già Segretario Generale “Slow Medicine ETS”) e l’ingegner Emilio Chiarolla (Consiglio dei Probiviri AIIC).
L’articolo contiene molte domande interessanti (Come definirebbe l’Intelligenza Artificiale in Medicina? Qual è il più grande vantaggio dell’utilizzo di applicazioni di IA in Medicina? Qual è il rischio maggiore dell’utilizzo di queste applicazioni? Cosa il bioingegnere/il cardiologo dovrebbe necessariamente sapere quando pensa ad una tecnologia con applicazioni di IA?….) Soprattutto al questito Come possono collaborare Medico e Bioingegnere? Bobbio risponde “Si dovrebbero costituire team composti da medici di Medicina Generale che hanno una conoscenza quotidiana delle conseguenze dell’attribuire in modo improprio l’etichetta di ammalato, da Specialisti clinici con competenze diverse e complementari, da esperti di altre materie (epidemiologi, sociologi, filosofi, psicologi, economisti) e anche da rappresentati dei cittadini e di pazienti. In tal modo, gli ingegneri potrebbero disporre delle competenze necessarie per scegliere gli snodi decisionali che garantiscano reali benefici. Per garantire giudizi indipendenti, i componenti dei team non devono avere conflitti di interesse. Solo in questo caso, si avrebbe la garanzia di produrre applicativi che rispondo alle esigenze di cittadini, pazienti e Sistema Sanitario. E Chiarolla, dal suo osservatorio, rilancia: “La complessità legata alle nuove tecnologie richiede, ormai, un approccio multidisciplinare, e la collaborazione tra medici e ingegneri è assolutamente necessaria e auspicabile. Fortunatamente, oggi, gli ingegneri clinici/bioingegneri sono presenti in quasi tutte le strutture ospedaliere pubbliche e private e, dove presenti, risulta anche che ci sia una forte collaborazione con l’ambito clinico per le diverse attività che oggi riguardano soprattutto la sostituzione e l’acquisizione di nuovi dispositivi e apparecchiature ma che, in alcuni casi, si spinge al supporto in sala operatoria per i settaggi e la programmazione che richiede il coinvolgimento di specifiche figure”.
L’intervista è disponibile a questo link: vai all’intervista