“Siamo riuniti per festeggiare il trentennale degli Studi di Ingegneria Clinica e abbiamo il piacere di farlo con molti degli studenti che in 30 anni hanno scelto l’Università di Trieste per la loro formazione in Ingegneria clinica e biomedica. Lo facciamo ringraziando sia l’autorità accademica che AIIC che sostiene da sempre gli studi di Ingegneria clinica, un supporto sottolineato dalla presenza in Aula Magna di ben quattro Presidenti dell’Associazione: Garagnani, Lago, Derrico e Nocco”: con queste parole del professor Patrizio Agostino Accardo, direttore dello Specialist Master of Management in Clinical Engineering-SMMCE, si è aperto alcuni giorni fa presso l’Aula Magna dell’Università di Trieste l’evento dedicato al trentennale dell’Ingegneria Clinica fondata come Scuola di Specializzazione dal compianto professor Paolo Inchingolo e poi mutata in Master internazionale di II livello.
L’evento, che ha visto i saluti del Rettore, Roberto di Lenarda, dell’Ordine degli Ingegneri e dell’ex Ministro della Salute, Mariapia Garavaglia, ha visto proprio gli interventi centrali di alcuni presidenti AIIC. Pietro Derrico ha descritto come sta cambiando, e sempre più dovrà evolvere, il ruolo dell’IC a partire dall’Industria 4.0 e dall’implementazione del PNRR (dalla sperimentazione clinica al comitato etico, dalle nuove tecniche di gestione alla valutazione dei PTDA, dalle evidenze cliniche sulle tecnologie innovative per il miglioramento degli outcome di salute, compresi i follow-up degli investimenti, dalla generazione e gestione in sicurezza dei Big Data alla valutazione degli algoritmi di intelligenza artificiale). “Tali nuove competenze – ha detto Derrico – apriranno ulteriormente le opportunità per le nuove generazioni di Ingegneri clinici, e occorrerà una formazione continua: da quella tecnica di tipo longitudinale a quella più trasversale per corroborare le conoscenze di tipo clinico, economico, legislativo, etico e manageriale. Questi percorsi permetteranno agli junior di accedere prima e meglio al mercato e ai colleghi senior di intraprendere carriere a spirale”. Umberto Nocco nel suo intervento ha sottolineato “l’importanza della formazione e della divulgazione del ruolo dell’Ingegnere clinico, per rafforzare sia le conoscenze verticali sull’uso della tecnologia biomedicale e informatica sia la parte gestionale”. La vita professionale, ha detto Nocco, “è rapporto continuo con le persone e i colleghi per cui anche in periodo di pandemia è stato evidente la necessita di un chiaro governo della tecnologia che, infatti, ha consentito la crescita dei servizi di Ingegneria clinica in maniera abbastanza uniforme in Italia”. Le sfide professionali del futuro secondo l’attuale presidente, sono soprattutto tre: l’ICT, l‘interoperabilità tra i sistemi e la gestione della sicurezza; la gestione delle tecnologie che sempre più si spostano sul territorio (localizzazione, formazione caregivers, IoMT …); e (da ultimo) la promozione della cultura tecnologica che è l’insieme delle conoscenze che permettono un uso corretto delle tecnologie e la sicurezza dei pazienti.
Durante l’evento sono intervenuti anche altri esperti e rappresentanti del mondo dell’Ingegneria clinica e di AIIC, da Maurizio Rizzetto (“Con gli anni la tecnologia si è evoluta all’interno di un sistema sempre più complesso, passando da sistemi isolati a sistemi interconnessi. Oggi alcuni temi centrali sono quelli dell’interoperabilità e della medicina di precisione. E non dimentichiamoci che siamo nell’epoca del coinvolgimento del paziente nel suo processo di cura”) a Diego Bravar (“30 anni fa eravamo meno di 30 Ingegneri clinici: oggi tra ospedali e società di servizi siamo oltre 2.000. Un risultato favorito dall’attività associativa e dalla presenza capillare sul territorio. I settori di crescita per il futuro sono Big Data, IoT, cloud computing e intelligenza artificiale con i quali l’IC dovrà fare i conti fin dal suo ingresso nel mondo del lavoro”). Al termine dell’evento anche Paolo Lago (altro past-president) ha commentato e sintetizzato la giornata: “La storia dello sviluppo dell’Ingegneria clinica a Trieste ci insegna come, anche in un settore così tecnico e scientifico, così pragmatico e tangibile, il successo sia determinato dalla determinazione delle persone e dalla loro capacità di mettersi insieme: persone convinte della necessità che una cultura tecnologica sostenga l’organizzazione delle cure e che i professionisti sanitari collaborino per il bene del paziente. È un’esperienza di successo, quella di Trieste, perché coinvolge Università, Ospedali, Industrie, Associazioni professionali e fornisce una base di competenze e conoscenze all’Ingegnere clinico che altrimenti rimane indefinito e solamente qualificato come ‘biomedico’. Solo la formazione permette di ‘passare il testimone’ alle giovani generazioni e comunicare sapere, passione e conoscenze. Le scuole di specializzazione sono la forma che può dare stabilità e diffusione nazionale alla esperienza di successo celebrate a Trieste”. L’intervento di un ex alunno della Scuola, Claudio Cecchini (già vice-presidente AIIC), è stato illuminante sull’intera giornata triestina promossa da Patrizio Agostino Accardo: “Vi auguro di non accontentarvi di fare acquisti on line, di stare dietro la scrivania, di applicare regolamenti e normative”, ha detto Cecchini rivolgendosi soprattutto ai giovani del Master, “ma privilegiate sempre le relazioni con i medici, le caposala, i direttori, i tecnici e vivete quotidianamente la vita dell’ospedale: solo così farete bene il vostro lavoro e sarete autorevoli”.